Rapporto Italiadecide: Dopo 30 anni tornare primi nel turismo

Turisti stranieri in Italia

Dopo trent’anni l’Italia può e deve tornare la prima scelta del turismo mondiale. Ma per farlo il nostro Paese deve superare diversi ostacoli: piccole dimensioni di impresa, arretratezza del Meridione, regolamentazioni che non aiutano l’attività di impresa, elevata tassazione, mancata realizzazione dell’Agenda digitale, su internet, situazione precaria delle infrastrutture e delle accessibilità all’Italia ed alle sue componenti territoriali, un capitale umano non sempre all’altezza. È quanto si legge nel Rapporto 2014 di Italiadecide, l’Associazione per la qualità delle politiche pubbliche presieduta da Luciano Violante. Il rapporto è stato presentato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nel 2012, oltre 130 milioni di persone hanno attraversato i confini italiani. Di queste, più del 60% erano stranieri e il 55% ha effettuato almeno un pernottamento fuori dal proprio Paese di residenza. I turisti stranieri hanno speso in Italia oltre 32 miliardi di euro e gli italiani all’estero più di 20, generando così un saldo netto positivo nella bilancia turistica di 11,5 miliardi di euro. Secondo le stime 2013 del Wttc (World Travel & Tourism Council), il valore aggiunto dell’industria turistica in Italia è stato di 63,9 miliardi di euro, ovvero pari al 4% del Pil nazionale. Prendendo in considerazione il valore aggiunto dell’intera economia turistica, questo valore arriva a 161 miliardi di euro che corrispondono al 10,2% del Pil. L’Italia è valutata soltanto al 79esimo posto per quanto riguarda la misura con cui il governo ritiene prioritaria l’industria turistica (la Spagna è decima, la Francia trentacinquesima). La nostra capacità di accoglienza vale tra i 45 e i 50 milioni di turisti all’anno contro i 57 della Spagna e gli 80 della Francia. Le presenze turistiche in Italia si concentrano principalmente nella stagione estiva (giugno-agosto): in questi tre mesi si sono registrate il 53,4% delle presenze annuali. In rapporto al Pil il peso del turismo (misurato come somma delle spese turistiche dall’estero e di quelle domestiche) è diminuito dal 5,3% del 1998 al 4,9% nel 2008, dopo aver raggiunto un picco del 5,5% nel 2000 per effetto del Giubileo. L’attivo turistico, dopo aver toccato un massimo dell’1,2% del Pil nel 1995, si è progressivamente ridotto all’1% nel 2001 ed allo 0,7% nel 2012. Nel decennio 2002-2012 la quota di mercato a prezzi e cambi correnti dell’Italia sugli introiti turistici mondiali è scesa dal 5,5 al 3,7%3, con una riduzione in termini percentuali di oltre il 30%. Con l’ingresso di nuovi rilevanti attori nel mercato del turismo internazionale (in particolare la Cina e la Turchia), il ridimensionamento delle quote dei Paesi incumbent è, almeno in parte, un fenomeno fisiologico. Ma “il peggiore andamento dell’Italia in termini di introiti turistici – si legge nel rapporto – parrebbe dovuto principalmente ad aspetti (qualità dei servizi, dotazione infrastrutturale, sicurezza, accessibilità, politiche settoriali, innovazione dei prodotti turistici, ecc.) non legati all’andamento complessivo dei prezzi”.