“La platea fa davvero impressione. Vedere tutti questi colleghi attenti e qui presenti dà anche una dimostrazione di forza di questo gruppo e una dimostrazione di professionalità. Tuttavia, c’è un lato che non possiamo ignorare: fa anche tanto impressione vedere i cento agenti di viaggio che ci sono fuori che non mancano di rispetto solo a noi, ma mancano di rispetto anche a tutti i colleghi qui in platea”. Che con il general manager della divisione tour operating Alpitour Spa, Pier Ezhaya, non ci si sarebbe annoiati si poteva immaginare e questo è stato infatti il buongiorno che il manager del gruppo torinese ha dato al pubblico presente, e soprattutto a quello assente, accomodandosi in poltrona sul palco di The Event – Welcome connACTION, al The View Bouznika di Casablanca per confessarsi nelle mani del Ceo di Welcome Travel Group, Adriano Apicella.
E confessione è stata ma più che di peccati piuttosto della “colpevole” voglia di dare al trade gli strumenti più idonei e le indicazioni necessarie per rispondere al meglio alle sfide del mercato con reciproca soddisfazione delle parti in causa. Con un ampio prodotto e capacità di garantire un numero elevato di posti aerei che è testimonianza di forza e fiducia nelle dinamiche del mercato. Con un approccio che non si limita alla semplice offerta, ma che si estende alla distribuzione capillare delle risorse per coprire varie destinazioni, rispondendo così a diverse esigenze e preferenze dei viaggiatori. E poi con commissioni e pratiche di vendita da interpretare non sono solo numeri ma come cuore della strategia economica con l’operatore che si ritaglia un ruolo di amplificatore di opportunità di guadagno attraverso una distribuzione intelligente e strategica. E una capacità di adattarsi e rispondere alle sfide del mercato come tratto distintivo che permette di continuare a crescere e prosperare.
Il vivace botta e risposta ha catturato l’attenzione della platea, addirittura infiammato in qualche occasione e pure divertito perché Ezhaya ha dimostrato ancora una volta che anche quando si tratta di menare qualche… tirata d’orecchie, lo si può fare con stile e fermezza ma anche con il sorriso sulle labbra.
Pronti, via e Apicella affonda subito il colpo: sul mercato si sente sempre dire che Alpitour non sia molto generosa di commissioni. Che ne pensa il Ceo del Gruppo? “Mi sembra giusto affrontare questo tema. Io in realtà non lo penso” ha risposto secco Ezhaya fornendo la sua visione del problema: “Credo che in tutti i sistemi di produzione e distribuzione si faccia un calcolo di quanto si guadagna su un singolo pezzo e su quanti pezzi si possono vendere. Quindi bisogna considerare anche l’effetto quantità. È meglio prendere il 18% su 5 pratiche o il 12% su 50 pratiche? Se ignoriamo l’effetto moltiplicatore ignoriamo il più fondamentale principio economico dal punto di vista della distribuzione, ossia il guadagno singolo per le volte in cui lo posso moltiplicare”.
Davanti agli occhi degli agenti di viaggio ha messo quindi la fotografia delle opportunità create da Alpitour per facilitare l’effetto moltiplicatore cui aveva accennato, opportunità indicate sulla mappa del mondo e messe a disposizione del mercato. “Ci sono 740.000 posti aerei garantiti al 100% da Alpitour. Non chiediamo vuoto pieno, non chiediamo commitment, mettiamo semplicemente questi posti sul mercato che sono anche ben distribuiti sulle varie destinazioni, dai 240.000 sull’Egitto ai 124.000 sulla Spagna, dai 90.000 sull’East Africa agli 86.000 sulla Grecia e i 53.000 sul Caraibi e più di 40.000 sulle Maldive e l’Oceano Indiano. E ci sarebbe da aggiungere Puket, l’Italia, il Nord Europa, Capo Verde… La cosa più importante non è solo la quantità di posti ma anche il fatto che a questi posti sono abbinati gli alberghi più iconici di ogni singola destinazione”.
Investimenti cui si associano gli impegni sugli asset alberghieri con il restyling del Tarika Domus in Sardegna, la ricostruzione del Villa Do Farol a Capo Verde con una spesa di 28 milioni di euro e la realizzazione a Zanzibar del Nungwi Beach, struttura che, con un investimento di 16 milioni di euro, sorgerà su una delle spiagge più belle dell’isola africana.
L’attenzione si sposta poi sul tailor made. “Oggi noi con Voyager siamo presenti in 23 paesi, operiamo 81 itinerari diversi con più di 1000 partenze e complessivamente 26.000 tour messi a disposizione del mercato per poter essere venduti e che non richiedono nessun tipo di minimo. Noi garantiamo tutto, occorre semplicemente fare la vendita e poi noi ci assumeremo il rischio nel caso non si raggiungano i minimi. Sono tour che si veicolano nei circuiti con i luoghi più iconici e le esperienze più belle”.
Fra queste, le visite dopo l’orario di chiusura e quindi senza altro pubblico al MoMa di New York, l’incontro con Valencia, un nativo Navajo nella sua casa nella Monument Valley o con Cristo Brand, la guardia carceraria di Nelson Mandela in Sudafrica.
“Un anno e mezzo fa abbiamo lanciato una nuova linea che prende proprio spunto dal programma Voyager. Abbiamo pensato che queste particolarità del Voyager, che è stata sicuramente una linea di successo, potevano essere replicate anche per i clienti a livello individuale. Non tutti vogliono viaggiare in gruppo e quindi abbiamo lanciato questa linea travelling, di cui non so quanto il mercato sia profondamente a conoscenza. E mi domando quante di queste iniziative siano veramente apprezzate dai colleghi. Per noi, si tratta di investimenti significativi, che comportano sacrifici, ma sono essenziali per creare opportunità di vendita e sostenere la distribuzione”.
Al di là poi dei richiami agli agenti di viaggio ad investire in comunicazione e saper cogliere i cambiamenti del mercato adeguandosi agli strumenti che l’epoca richiede e che anche Alpitour mette a disposizione, l’ultima provocazione del manager torinese riguarda i vecchi cataloghi. Tenerli? Farne a meno? Sono ancora uno strumento di vendita? Pur non avendo risposte definitive, per il general manager del tour operating Alpitour rappresenterebbero il passato imponendo la necessità di guardare a nuovi strumenti. Non tutta la platea è sembrata d’accordo e d’altra parte, come riconosciuto dallo stesso manager, nel comparto c’è una certa resistenza al cambiamento ma con 1.500 tonnellate di carta e l’uso di 70 tir per distribuirli in Italia per un costo di 3,4 milioni di euro che Ezhaya investirebbe invece sul trade, nell’epoca della tanta sbandierata sostenibilità forse un pensierino va fatto.