Le proteste in Siria mettono a rischio il boom turistico del Paese

L’ondata di proteste in Siria mette a rischio il rilancio turistico del Paese, ma anche il progetto di fare di Damasco la ‘nuova Dubai’, meta degli investimenti dei colossi immobiliari dei paesi del Golfo. “Marocco, Tunisia, Siria e Giordania sono fermi”, fanno sapere i responsabili di Hotelplan, spiegando che il mercato è in stallo da mesi anche in Egitto. “A causa della situazione nella regione, l’incremento dei turisti in Siria non sarà superiore all’11-12%”, ha detto di recente il ministro del Turismo siriano Saadallah Agha al-Qalaa, ricordando che dal 2000 la crescita media annua è stata del 15%. Tra i tour operator locali c’è chi però lancia messaggi rassicuranti. “Io sono a Damasco e la situazione è tranquilla – ha detto Rama Khoulni, responsabile prenotazioni di Jasmine Tours – Noi abbiamo registrato solo un calo dell’1% delle prenotazioni, in totale solo dieci clienti singoli hanno annullato il loro viaggio previsto per maggio, ma sul fronte dei gruppi non ci sono stati cambiamenti di programma. Anzi, al momento ne abbiamo diversi in visita in varie parti del Paese”. Più pessimiste però le previsioni di altri operatori turistici, che in molti casi hanno già ricevuto cancellazioni del 30-40% delle prenotazioni, soprattutto da parte dei turisti europei. La Siria negli ultimi anni ha vissuto un vero e proprio boom del settore. Secondo un rapporto del ministero siriano del Turismo, il numero dei visitatori nel primo semestre 2010 è cresciuto del 56% su base annua. Dati alla mano, si tratta di 5,7 milioni in più rispetto ai 3,66 milioni dell’anno scorso. Un turismo per lo più in arrivo dai vicini Paesi arabi, ma anche da Iran, Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna, Spagna, Olanda, Grecia, Russia, Australia e Cina. I venti della rivolta potrebbero inoltre mettere a repentaglio il sogno di creare a Damasco la nuova Dubai, cavalcando l’onda della speculazione immobiliare. Nella capitale siriana sono infatti sorte di recente innumerveli ville extra-lusso in stile occidentale, residence a cinque stelle con tanto di piscina e palestra, hotel da mille e una notte. E altre ne sorgeranno, se la protesta non farà scappare gli investitori. Tra i progetti, il compound di 180 ville panoramiche sulle Jasmine Hills, a poche miglia da Damasco, della Palmyra Real Estate, una joint venture tra la società immobiliare emiratina Belhasa International ed investitori egiziani e siriani che sarà terminato il prossimo anno. Sulla strada per Sabboura, centro turistico del paese poco lontano dalla capitale, è sorto il Palm Village di un gruppo saudita: 33 ville e hotel di lusso. Cantieri aperti anche per la Emivest di Dubai che sta realizzando ‘Cordoba’, compound di sfarzosi appartamenti, solo per citare alcuni. “La Siria è un mercato vergine ed in crescita”, affermava in tempi insospettabili George Sabam, vicepresidente del Gruppo emiratino Majad al-Futtaim che ha investito un miliardo di dollari per realizzare negozi e strutture turistiche a Yafour. Bisognerà però aspettare qualche mese per vedere quali saranno gli sviluppi della protesta ed il relativo impatto sull’economia siriana.