L’isola di Djerba è un piccolo “paradiso mediterraneo” con le sue spiagge di sabbia fine, il mare cristallino dalle acque tiepide e dal clima mite, sia in estate che in inverno.
Leggendaria nel suo passato, l’isola dei Lotofagi, descritti da Ulisse come mangiatori di Loto – frutto dolce al sapore di miele il cui effetto sarebbe l’oblio di tutto – non lascia il visitatore indifferente. Dotata di un patrimonio naturale, ambientale e di un’architettura eccezionale, Djerba vanta dei paesaggi degni di opere d’arte, delicati profumi e sapori ancestrali.
Ambita da tutti i popoli del Mediterraneo, questa piccola isola meravigliosa si è creata un’identità plurale che nel tempo le ha permesso di porsi come terra d’accoglienza di condivisione, di pace e di tolleranza. Tutte le civiltà che si sono succedute hanno contribuito alla vitalità e allo splendore dell’isola, divenuta simbolo di Buona Convivenza e modello di perenne coesistenza.
In questi giorni, Djerba vive il ritmo del pellegrinaggio annuale della Ghriba che riunisce i fedeli di tutte le età provenienti da tutto il mondo per celebrare il Lag Ba’Omer, festa che si tiene 33 giorni dopo la Pasqua ebraica, in un’atmosfera festosa ed ecumenica.
Situata nel villaggio ebraico di Hara Seghira (attualmente conosciuto come Er-Riadh), la Ghriba è la sinagoga più antica della Tunisia ed è il centro della vita ebraica dell’isola. Fu costruita alla fine del XIX secolo nel luogo in cui si trovava l’edificio del VI secolo. Secondo la leggenda, la costruzione della sinagoga risale alla fuga dei sommi sacerdoti dopo la distruzione del Tempio di Salomone da parte dei Babilonesi sotto Nabucodonosor II nell’anno 586 a.C. (o, alternativamente, la distruzione del Secondo Tempio nel 70 d.C.). I sommi sacerdoti portarono con sé una porta e una pietra del tempio distrutto che si dicono essere parte della sinagoga. Un’altra tradizione dice che la sinagoga fu costruita in un punto in cui una ragazza (ghriba, “quella isolata”) era vissuta ma che non era stata accettata dalla comunità. Quando morì, il suo corpo incorrotto fu trovato dagli ebrei del vicino villaggio e poi sepolto in una grotta che divenne il luogo del pellegrinaggio annuale per Lag BaOmer.
Quest’anno il pellegrinaggio è stato eccezionale poiché è coinciso con il mese sacro del Ramadan. Le comunità ebraica e musulmana si sono riunite per uno scambio interreligioso che conferma la natura secolare della tolleranza religiosa e della coesistenza pacifica dell’isola di Djerba. Non è un’utopia o idealismo, ma una realtà concreta e immutabile. Questo «santo luogo condiviso», come lo chiama l’antropologo francese Manoël Pénicaud, attira ogni anno fedeli di tutte le età e provenienti dalla Tunisia, dall’Europa ma anche dagli Stati Uniti d’America.
Quest’anno erano previsti circa 5000 partecipanti all’appuntamento religioso che si trasforma per alcuni in un pellegrinaggio commemorativo per ritrovare le proprie radici e conoscere le proprie origini.
Il punto più alto del pellegrinaggio è stata la processione della “Menara” alla Ghriba. Un centinaio di media internazionali hanno potuto vivere l’esperienza eccezionale di ospitalità interreligiosa così radicata nell’isola di Djerba. La giornata si è poi conclusa con un’interruzione collettiva del digiuno organizzata presso la Grande Piazza della Ghriba, dove prodotti locali e specialità tradizionali sono stati i protagonisti di un piacevole momento di condivisione in un’atmosfera calda e amichevole.