Quasi un milione di lavoratori, che in alcune stagioni diventano un milione e mezzo; oltre il 35% lavora in nero e il 15% è costituito da lavoratori immigrati. Nel settore del turismo, è molto alta la presenza di lavoro sommerso, soprattutto a causa della forte stagionalità che lo caratterizza. E’ l’allarme che lancia la Filcams Cgil, che, per contrastare questi fenomeni, lancia in questi giorni, in tante località turistiche e balneari, una ‘Campagna sui diritti e contro il lavoro nero nel settore del turismo’. “La maggior parte delle imprese – ha spiegato Lucia Anile, della Filcams Cgil- mira il più possibile a ridurre il costo del lavoro, accentuando così le dinamiche del sommerso, che alimentano il precariato”. Il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, spiegano dalla Filcams Cgil, “risulta sensibilmente aumentato nell’ultimo periodo a causa della crisi economica, con il boom delle forme di di lavoro ‘grigio’, cioè quel lavoro parzialmente regolato che nasconde diverse forme di lavoro sommerso e irregolare. E quindi tra camerieri, baristi e bagnini, secondo il sindacato, fioccano contratti atipici, contratti registrati come part-time, ma con reale orario di lavoro full-time pagato fuori busta; utilizzo in nero di lavoratori in cassa integrazione o in mobilità. Il fenomeno del lavoro nero e sommerso nel turismo, secondo la Filcams, interessa tanti territori italiani, dalla costiera romagnola a quella ligure, dalla Versilia a Portugruaro, cosi come Lucca e la costa pugliese. A Venezia, negli ultimi due anni, gli anni della crisi, il fenomeno del lavoro sommerso e’ aumentato, soprattutto a causa della provenienza di tanti lavoratori dell’Est Europa, non interessati ad eventuali regolarizzazioni, ma solo a ottenere un’occupazione per la stagione estiva. In Toscana, per la precisione nel territorio di Lucca, “la battaglia da intraprendere è contro tutte quelle forme di lavoro irregolare mascherato, zone d’ombra e situazioni ai limiti della legalità, contro tutte quelle aziende che tentano di eludere i controlli ed evadere le tasse”. Nella zona di Messina, in Sicilia, il fenomeno del lavoro nero riguarda solamente i pubblici esercizi, ristoranti, bar, dove sono presenti anche molti lavoratori immigrati. Nelle 180 strutture alberghiere della zona (solo quattro aperte tutto l’anno) il lavoro è pressoché regolarizzato.