E’ la solita, triste ‘Italietta’ quella che emerge dall’articolo odierno sul ‘Corriere della Sera’ di Gian Antonio Stella, penna nota del giornalismo italiano attento a sprechi e paradossi nazionali. Apprendiamo dunque che Arturo Di Corinto, direttore di Italia.it, portale-vetrina dell’offerta turistica tricolore, si è dimesso ieri per protesta, visto il mancato pagamento protrattosi per mesi ai danni suoi e dei pochi dipendenti rimasti. Eppure, come informa Stella che fa una puntuale rassegna delle fasi di Italia.it, “il sito è costato una cifra mostruosa: venti milioni di euro. In realtà, come ha confermato il governo rispondendo a un’interrogazione grillina, i milioni stanziati per il progetto dal ministro berlusconiano Lucio Stanca nel lontano 2004 erano addirittura 45. Incrementati più avanti da altri 10. Si trattava, però, di «fantastilioni di triliardi», per dirla in moneta di Paperon de’ Paperoni: mai visti, tutti quei soldi. Erano solo sulla carta. In realtà, tra un rifacimento e l’altro (resta indimenticabile il primo logo, dove la ‘t’ verde di Italia pareva un cetriolo) la costruzione del portale è durata quanto quella, assai più complicata, del tunnel sotto la Manica. Colpa – continua Stella – del solito interminabile contenzioso su uno degli appalti, delle indecisioni della politica, di un assurdo sballottamento di competenze tra queste e quella società, di risse da comari interne finite con scambi di querele, di alcuni misteri che dovranno essere chiariti dalla magistratura che già sta indagando (la lettera di Di Corinto accenna addirittura a “fatti delinquenziali”) ma più ancora di una lista di errori così lunga da riempire settanta pagine di un rapporto al ministero”. La faciloneria impiegata nei contenuti del portale è stata “tale da far precipitare Italia.it al 184.594° posto fra i siti web più visitati del Pianeta”. E ancora, Stella scrive che “ci sono voluti due anni, dal giugno 2012 in qua, per restituire un po’ di decoro alla nostra ‘vetrina’ sul web. Vetrina che oggi, nonostante la redazione della società ‘Unicity’, composta da giornalisti, social media manager, traduttori, storici dell’arte, fotografi e videomaker si sia via via ridotta dalle venti del progetto iniziale a quattro persone e nonostante sia stato necessario chiudere il portale in cinese per poter tornare in Rete con qualcosa di più serio, spiega nella sua lettera a Matteo Renzi e a Dario Franceschini Arturo Di Corinto (subito convocato al ministero, pare, nel tentativo di mettere una toppa allo scandalo), si compone di 259 mila pagine web. Per non dire di Facebook (da zero a 229 mila fans) e di Twitter (da zero a 67 mila follower) – aggiunge Stella – che hanno obbligato i ragazzi della redazione a una rimonta febbrile per recuperare anni di ritardi. E costretti a supplire con l’impegno e la fantasia al pressoché totale disinteresse della politica”. Il giornalista prosegue a snocciolare dati impietosi: “Per la ‘campagna turistica d’autunno’ l’Irlanda del Nord ha stanziato un mese fa 9 milioni e mezzo di sterline. La Croazia, sulla campagna di quest’anno ‘Visit Croatia, Share Croatia’, ha messo 7 milioni e mezzo. La Gran Bretagna, soltanto sui social network considerati fondamentali per la politica turistica in questi anni ha investito 25 milioni di sterline. E noi? Zero carbonella. Anzi, sui diversi strumenti offerti dal web per agganciare i turisti, non è stato sganciato un solo euro dal 2010. Peggio: dal marzo di quest’anno non arrivano più, accusano i dipendenti del portale, neppure i 30 mila euro al mese dovuti per pagare gli stipendi. Eppure mai si era visto nella storia un boom quanto quello del turismo negli ultimi anni – commenta Stella – Basti dire che nel 2004, quando il governo di Silvio Berlusconi avviò (sia pure con grave ritardo e coi capitomboli che abbiamo detto) il progetto del portale Italia.it, gli abitanti del Pianeta che viaggiavano per vacanze erano 765 milioni. Dieci anni dopo, cioè nel 2013, sono stati un miliardo e 87 milioni. Con un aumento complessivo del 42%. Per contro l’Italia, nonostante sia in cima ai desideri dei turisti di tutto il mondo (che però devono fare i conti, purtroppo, con una serie di handicap pesanti a partire dal costo degli hotel, che secondo Eurostat sono da noi nettamente più cari che in Spagna, in Grecia, in Croazia, in Portogallo, in Germania, in Turchia, in Austria e in Gran Bretagna), ha visto i suoi visitatori passare in dieci anni da 37 a 47 milioni, con un aumento molto più basso di quello mondiale. Il boom planetario ha visto dal 2009 a oggi crescere i turisti mondiali di oltre duecento milioni. Un diluvio. Del quale ci è arrivata solo una pioggerella – conclude con amarezza il giornalista – Anzi, nel 2013 l’Italia, nonostante sia saldamente la quinta al mondo per numero di visitatori (e pensare che fino a trent’anni fa eravamo i primi…) ha subito addirittura, nelle presenze, un calo del 4,5%”. Cifre che fanno riflettere, soprattutto all’appropinquarsi di Expo 2015.