In questi giorni, anche in coincidenza con il Seatrade di Miami, il mondo delle crociere sta producendo una valanga di cifre il cui senso fondamentale è sempre lo stesso: la crescita. Nel 2011 l’Italia è stato il più importante Paese europeo e mediterraneo per quanto riguarda il traffico di navi, il numero di attracchi e passeggeri trasportati (+17% rispetto al 2010). Le previsioni per l’anno in corso risentono ovviamente della tragedia del Giglio e, in tono minore, dell’incendio delle Maldive, ma alla fine i danni dovrebbero essere limitati al di sotto dell’1%. Ma questi dati non devono impressionare più di tanto. Fino a che le crociere restano un fatto di navi, compagnie e porti, la ricaduta sul sistema economico italiano è ancora molto limitata: sull’economia in generale contano le filiere lunghe che coinvolgono dalla cantieristica, al trasporto locale, ai rifornimenti, al personale imbarcato; su scala locale, quello che importa davvero è l’impatto positivo sulle città portuali e sul loro territorio, che altrimenti rischiano di conoscere solo i problemi derivanti da un traffico così imponente. L’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo segue con grande attenzione proprio questi risvolti mediante un apposito Osservatorio, che quest’anno è alla sua terza edizione. “Quello che davvero conta per il turismo del nostro Paese è il giro di affari che si genera a terra: sono gli ospiti delle imprese ricettive, lo shopping che si fa nei negozi intorno ai porti, i clienti dei pubblici esercizi, la quota di business che le crociere generano nelle agenzie di viaggi e nei tour operator italiani – sottolinea il presidente dell’EBNT Alfredo Zini – E questo dato è ancora ridottissimo”. Gli fa eco il vicepresidente Lucia Anile: “Al centro del nostro interesse, che a ben vedere è un interesse strategico nazionale, sta la capacità dell’industria crocieristica di generare reddito in Italia, facendo crescere l’occupazione in tutte le branche dell’economia coinvolte e producendo un modello di sviluppo stabile e qualificante per i lavoratori, le imprese, i territori. A questo stiamo lavorando con il nostro Osservatorio senza fermarci alle apparenze, più o meno esaltanti”.