Una soluzione entro il 15 marzo, o le compagnie di navigazione che operano nel Golfo di Napoli ridurranno le corse e c’è chi sarà costretto a chiudere bottega. Si complica la questione della protesta degli armatori contro la legge che applica l’Iva al 21% anche alle forniture di carburanti sui natanti del comparto marittimo dei trasporti pubblici, dopo il nulla di fatto della riunione di ieri in Prefettura a Napoli, conclusa con il rinvio della riduzione delle corse inizialmente previsto per oggi. “I nostri conti parlano chiaro: se non si troverà una soluzione, saremo costretti a chiudere”, spiega Salvatore Ravenna, direttore dell’Acap, Associazione cabotaggio armatori partenopei. A rischio, quindi, le corse delle compagnie di navigazione che effettuano servizi di trasporto pubblico nel golfo: Alilauro, Navigazione Libera del Golfo, Medmar, Snav, Alilauro Gruson spa, Giuffrè Lauro, Pozzuoli Ferries. Un’eventualità che danneggerebbe “il personale, i pendolari, i cittadini ed i turisti”, sottolinea il presidente dell’Autorità portuale di Napoli Luciano Dassatti. Il presidente dell’Autorità portuale di Napoli ricorda che “è una situazione che riguarda non solo Napoli, ma tutte le zone in cui c’è la necessità di continuità territoriale tra la terraferma e le isole dirimpettaie. L’armatore fornisce servizi che garantiscono la continuità ai cittadini che possono raggiungere posti di lavoro, scuole, università”. Il Porto di Napoli, “nonostante la crisi fortissima e le criticità, funziona. Ma gli aumenti incidono molto sul trasporto. Si tratta di capire se lo Stato intende accollarsi il maggior onere”. Nonostante il timore di dover chiudere, gli armatori si dicono fiduciosi: “C’è un errore nella normativa – spiega Ravenna – e probabilmente da qualche parte c’è un giurista che in questo momento si sta chiedendo cosa ha combinato. La situazione che si verrebbe a creare – prosegue Ravenna – sarebbe paradossale: a pagare l’Iva sarebbe un soggetto, l’armatore, che non è l’utilizzatore finale. Noi dovremmo pagarla sui beni di produzione e non possiamo farla pagare all’utilizzatore dei nostri servizi, che è chi compra il biglietto. Non può funzionare così: o si torna al sistema preesistente, o i nostri servizi devono diventare soggetti ad Iva, magari agevolata. Anche al 4%”. L’impegno degli enti locali non preoccupa gli armatori quanto il tempo: “In una settimana si possono smuovere montagne, ma se dovessimo arrivare al 15 marzo senza fondate certezze sul risultato finale saremo costretti a fermarci”. Ravenna registra l’appoggio delle istituzioni: “Tutti hanno sostenuto le posizioni delle Compagnie. Anche la Capitaneria di Porto ha il nostro stesso problema, con l’acquisto dei carburanti per le motovedette. Riconosciamo l’impegno dell’assessore regionale Vetrella e quello di tutte le Regioni, confermato nella Conferenza Stato-Regioni. La questione non può passare sotto silenzio – sottolinea – Le compagnie di navigazione forniscono servizi senza prendere soldi da nessuno, a differenza del dissestato mondo delle società di trasporti pubblici che hanno percepito miliardi di contributi a fondo perduto. Questo è l’unico settore dove si fa mobilità per 8 milioni di cittadini e automezzi l’anno, a costo zero per la comunità del Golfo di Napoli. Le compagnie danno lavoro a 750 persone, ed ogni euro incassato viene reinvestito qui, nel Golfo – aggiunge – È un giro tutto interno che si sta uccidendo: prima sono stati tolti gli sgravi contributivi ai marittimi per le navi che operano all’interno delle 100 miglia, cosa unica al mondo, poi il carburante è aumentato del 50%. Al prefetto abbiamo detto: se ci sarà anche questo, chiudiamo. Non c’è soluzione: se chi fattura 20 milioni l’anno si ritrova 2 milioni di Iva in più, sarà costretto a farlo”, conclude Ravenna.