Ancora poche le strutture aperte. Nella settimana dall’11 al 18 giugno il monitoraggio realizzato da Confindustria Alberghi, che verifica lo stato del settore alberghiero in Italia, fa segnare un leggero incremento delle strutture aperte che comunque non arrivano ancora al 30% del totale.
“Prezzi in discesa, soprattutto nelle città d’arte. La domanda turistica ancora molto debole, condiziona i prezzi, nettamente al ribasso in tutta Italia. Il fenomeno – scrive Confindustria Alberghi in una nota – è particolarmente marcato nelle città d’arte dove la quasi totalità degli alberghi denuncia contrazioni di oltre il 10% dei prezzi medi praticati per giugno. Una situazione molto complessa per queste destinazioni che fino a qualche mese fa erano il motore del settore, condizionate dal blocco dei flussi internazionali che costituisce la componente di gran lunga maggioritaria delle presenze turistiche”.
“Anche per luglio le città d’arte continuano ad essere la destinazione più sofferente con il 94,6% di strutture che stanno vendendo i soggiorni a prezzi più bassi rispetto al 2019 (addirittura il 78% con un prezzo inferiore di oltre il 10%, dato in “miglioramento”, se così si può dire, rispetto a giugno quando la percentuale di chi vendeva ad un prezzo più basso di oltre il 10% era di oltre l’83%). Qualche spiraglio per le località di mare dove per il mese di luglio sono attese maggiori aperture e sul fronte dei prezzi, nel 50% dei casi, si registra una sostanziale stabilità rispetto al 2019, mentre nel 42% dei casi ad un prezzo più basso (di queste il 25% dichiara un prezzo inferiore di oltre il 10% rispetto a luglio 2019). Tutto questo – continua l’Associazione – malgrado i costi aggiuntivi che le imprese devono sopportare per l’attivazione delle misure anti covid”.
“Nel complesso – conclude Confindustria Alberghi – si conferma un quadro particolarmente difficile che si riverbera anche sul fronte dell’occupazione. Le strutture, infatti, che pure hanno riaperto i battenti in queste settimane, vista la debolezza della domanda, hanno potuto richiamare in servizio solo parte dell’organico, non più del 70% dei lavoratori normalmente impiegati in questo periodo dell’anno. Se nelle strutture ad apertura annuale si tratta di lavoratori che sono ancora sotto la copertura degli ammortizzatori sociali, per le strutture stagionali – tipicamente quelle leisure – la riduzione dell’organico si traduce in mancate riassunzioni”.