La notizia era già circolata sul National Geographic nel 2013 ed ora è di dominio pubblico: il Castello Omayyade di Amra, Patrimonio Unesco, svela nuovi misteri grazie al restauro di un’equipe italiana dell’Istituto Superiore per la Conservazione e Restauro del Ministero per i Beni Culturali e il Turismo Italiano, il World Monuments Fund in coordinamento con l’Unesco. Oltre a riportare all’antico splendore i dipinti del Qusayr’Amra, i restauratori italiani hanno fatto una grande scoperta. Non fu infatti, come molti sostenevano, il califfo Al Walid I, al quale si deve la realizzazione della Grande Moschea di Damasco, a costruire il castello di Amra, bensì suo nipote, Walid II, un califfo coltissimo, poeta, amante dell’arte e della bella vita. Walid II regnò per soli 14 mesi, tra il 743 e il 744, vittima di una congiura a 38 anni. Quasyr’ Amra si trova a 85 chilometri da Amman e fa parte dei castelli Omayyadi, la dinastia di califfi che regnò per circa 95 anni dopo la scomparsa del Profeta Maometto. Le pareti interne di Amra sono dipinte con affreschi che sono uno dei rari esempi degli inizi dell’arte islamica. Costruito nell’ottavo secolo d.C. e lontano dalle città esistenti allora, al riparo da sguardi severi e conformisti, vennero dipinte sui muri scene raffiguranti la vita del tempo di straordinario interesse per gli storici, al centro i celebri nudi di donne e gli amanti con le ali senza pudori. Queste pitture, circondate dal deserto, sono diventate nel 1985 Patrimonio dell’Umanità.