Iata, stima utili 2011 crolla a 4 miliardi di dollari

Ulteriore calo della stima degli utili per il 2011 a 4 miliardi di dollari da parte della Iata, l’associazione internazionale che raggruppa oltre 230 compagnie aeree. Il direttore generale ed amministratore delegato Giovanni Bisignani, aprendo la 67esima assemblea annuale dell’associazione a Singapore, il summit mondiale del trasporto aereo, ha spiegato che il calo a 4 miliardi sarebbe una caduta del 54% rispetto alla stima di 8,6 miliardi fatta nel marzo scorso ed un crollo del 78% rispetto ai 18 miliardi di utile netto (rivisto dai 16 miliardi) registrati nel 2010. Rispetto ad un fatturato di 598 miliardi di dollari atteso nel 2011, 4 miliardi rappresentano un margine dello 0,7%. Il costo del petrolio è la causa principale della riduzione dei profitti per le compagnie aeree. “Il conto per l’industria nel 2011 salirà di 10 miliardi portando il totale a 176 miliardi – ha detto Bisignani – Per il 2011 il prezzo medio del petrolio (Brent) dovrebbe essere di 110 dollari al barile”. La stima è stata rivista in linea con il nuovo market consensus dai precedenti 96 dollari. Per ogni dollaro di aumento nella media annuale, le aviolinee devono affrontare costi aggiuntivi per 1,6 miliardi di dollari. Stimando che il 50% del fabbisogno del settore è coperto ai livelli di prezzo del 2010, il conto dell’industria nel 2011 salirà a 176 miliardi. Bisignani ha ribadito che il carburante rappresenta il 30% dei costi per le compagnie aeree, “più del doppio del 13% del 2011. Abbiamo costruito enormi efficienze negli ultimi dieci anni. Nel 2001 avevamo bisogno di petrolio sotto 25 dollari al barile per avere utili. Oggi vediamo un piccolo profitto con il petrolio a 110 dollari al barile” ha aggiunto, ricordando che sull’industria del trasporto aereo si sono abbattuti quest’anno, fra l’altro, “disastri naturali in Giappone e disordini sociali in Medio Oriente e Nord Africa”. Il direttore generale e ceo della Iata punta il dito contro i Paesi che impongono tasse al trasporto aereo affermando che “tassare l’aviazione non paga”. Stila dunque una classifica dei Paesi che a suo avviso vanno messi sul “muro della vergogna”. In primis Bisignani cita il Regno Unito per i suoi 4,5 miliardi di dollari di tassa per il passeggero, la più grande in tutto il mondo, poi la Germania con la tassa per l’imbarco da 1,3 miliardi. “Un regalo non desiderato fatto dal Cancelliere Merkel”, dichiara Bisignani indicando poi che “l’Austria ha copiato la Germania con una tassa da 119 milioni di dollari; infine l’India ha introdotto una tassa di servizio da 450 milioni dollari, in completa violazione delle norme Icao (organizzazione internazionale dell’aviazione civile)”. Bisignani ha sottolineato che “tassare l’aviazione non paga”, tant’è che l’Olanda ha abrogato la tassa d’imbarco da 412 milioni perché costa all’economia 1,6 miliardi. E l’Irlanda ha cancellato la tassa per il trasporto aereo che doveva portare 165 milioni dollari l’anno in quanto è costata 594 milioni e 3.000 posti di lavoro. La lezione per i governi è semplice: non uccidere “la gallina dalle uova d’oro”. “Il commercio globale dei carburanti per l’aviazione – rimarca Bisignani – sta stimolando le economie e rimettendo a posto i bilanci dei governi. Bisogna tassare i banchieri perché hanno creato il caos. I loro miliardi in bonus dovrebbero aiutare a ripulirlo”.