Dimore storiche: investire sulla bellezza dell’Italia, basta slogan

“Siamo increduli e profondamente amareggiati: dopo settimane di confronto con importanti esponenti del Governo, con il ministro Dario Franceschini, con le strutture dei MIBACT e del MEF, quando tutta la classe politica, a livello nazionale e regionale, sta ripetendo che l’unicità del patrimonio storico-culturale italiano, per buona parte gestito da privati, sarà una leva fondamentale per la ripartenza, per rimettere in moto lavori artigiani di nicchia e grande eccellenza, siamo costretti a prendere atto che di questi beni ci si ricorda solo quando bisogna pensare a slogan pubblicitari e realizzare video emozionali. Non quando si deve progettare il futuro dell’Italia, dato che nel cosiddetto DL Rilancio, dove sono state stanziate risorse pari al valore di due finanziarie e dove sono stati inseriti incentivi per quasi ogni cosa – dall’acquisto dei monopattini elettrici all’installazione di pannelli fotovoltaici per finire con l’estensione dell’art bonus a innumerevoli categorie – neppure un euro è stato davvero previsto per questo settore”.

Così Giacomo di Thiene, Presidente nazionale dell’Associazione Dimore Storiche Italiane-ADSI, nel corso dell’audizione in Commissione Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport al Senato.

“In queste settimane, dialogando responsabilmente con le istituzioni, avevamo avanzato alcune proposte pensando, da una parte, alla funzione che le migliaia di immobili storici svolgono per l’attrazione di flussi turistici, nazionali e internazionali, soprattutto nei piccoli borghi, e, dall’altra, alla capacità di generare indotto economico e di promuove lavoro sui territori”, ha proseguito di Thiene. “In particolare, per incidere positivamente sul decoro urbano, per innescare un effetto trainante per il settore dell’edilizia e del restauro, producendo effetti economici positivi e tangibili sull’artigianato locale, avevamo chiesto di aumentare il tax credit per le spese sostenute per la conservazione e il restauro degli immobili vincolati”.

“In Italia, a oggi, registrati sul sito del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, sono censiti oltre 14.000 immobili privati sottoposti a vincolo di cui oltre 9.000, quindi in media più di uno per comune, svolge almeno una attività; più della metà di questi palazzi, rocche, castelli, forti si trovano in comuni sotto i 20.000 abitanti e il 29% è nei piccoli borghi con meno di 5.000 persone”, ancora il Presidente di ADSI. “Considerando che, restando prudenti, ogni euro investito nelle dimore storiche – che sono beni non trasferibili altrove – ha una ripercussione più che doppia sui benefici per l’economia dei luoghi nei quali sorgono, credo sia evidente come questa grande rete di immobili diffusa sul territorio possa diventare una vera leva per il rilancio, sia economico sia socio-culturale, anche in quei borghi di cui oggi molti parlano e indicano come perno di uno sviluppo turistico sostenibile”.

“Peccato che tutto questo potenziale impegno è rimasto solo a parole, dato che abbiamo appreso che l’emendamento che avrebbe riconosciuto un credito di imposta per la manutenzione e conservazione dei beni storici non è stato approvato”. Di Thiene ha spiegato che l’Associazione aveva avanzato tale proposta “in alternativa ai cosiddetti “sisma bonus ed eco bonus” da cui siamo anche qui stati esclusi, strumenti comunque difficilmente applicabili agli immobili di interesse storico o artistico e che comunque fanno parte di attività “secondarie” rispetto all’intervento di restauro, dato che il Testo Unico dei Beni culturali obbliga il proprietario innanzitutto alla buona conservazione. Le dimore storiche, infatti, devono sottostare a un complesso sistema di vincoli e obblighi che spesso non consente di installare, per esempio, nuove finestre, pannelli fotovoltaici o strutture antisismiche che andrebbero a stravolgerne l’aspetto; interventi che peraltro, giustamente, non sarebbero autorizzati dalle sovrintendenze, se non in particolari casi”.

“Andare a incidere sul tax credit per le spese sostenute per la conservazione e il restauro avrebbe significato dare una grande boccata d’ossigeno e un forte incentivo alle grandi professionalità italiane spesso dimenticate, che non possono essere importate dall’estero, come le imprese artigiane d’eccellenza, gli esperti restauratori, i botanici e gli artisti che conoscono ogni palmo della nostra architettura. Secondo un’indagine condotta qualche tempo fa tra i nostri soci, è emerso come nel decennio 2007-2017 i proprietari si siano fatti carico di 30 miliardi di euro di investimenti per interventi di manutenzione. Tutte risorse rimaste sul territorio. Se fossero disponibili forme di detrazione o di sostegno ulteriore per i lavori di restauro sui beni vincolati, i proprietari potrebbero effettuare opere di ristrutturazione non sostenibili a legislazione vigente; tutto questo, facendo aumentare la domanda di lavori per il settore, potrebbe far crescere il numero di professionisti e artigiani coinvolti, riducendo di conseguenza il numero di coloro che, a oggi, stanno usufruendo di ammortizzatori sociali. Questo era davvero il momento per unire strumenti, forze e intenti, stimolando una virtuosa partnership pubblico-privato. Questo è il momento per trovare modalità e strumenti adeguati per riportare davvero i beni culturali al centro del rilancio del nostro Paese, per consentire alle famiglie che nei decenni hanno investito in manutenzione e cura di continuare a farlo senza essere costretti a vendere dei veri gioielli italiani a imprenditori esteri sempre a caccia delle bellezze nostrane e garantire così a tutti i cittadini di poter continuare a godere di parchi, ville e palazzi nei meravigliosi borghi italiani. È il momento di investire sulle nostre imprese artigiane che costituiscono, a nostro avviso, un patrimonio di saperi e conoscenze da salvaguardare e valorizzare al pari degli immobili storici”, ha concluso Giacomo di Thiene.